04/03/2020
Parte oggi #LeIntervisteDellaStag(g)ista*, la rubrica della nostra tirocinante Irene con una serie di interviste ai kapusoni.
Incontriamo Lorenzo Pierfelice, Art Director e tra i fondatori di kapusons.
Ciao Lore... (posso chiamarti così? Non so, in effetti, se le stagiste possono permettersi queste licenze). Vabbè! Sono contenta di conoscerti finalmente, tra il tuo lavorare da remoto e il mio far avanti e indietro dal bar per portare caffè non ci siamo quasi mai incrociati! Oggi vorrei sapere qualcosa in più su di te e sul tuo lavoro perché, se proprio devo dirtela tutta, non c’ho capito molto. A volte, quando mi permetto di fare capolino dall’uscio della mia stanzetta (vabbè forse “mia” è un’esagerazione… dalla stanzetta delle stampanti, che gentilmente mi ospita), ti intravedo da lontano sommerso da fogli, cartoni, pastelli… Ma, prima di entrare nel merito, mi piacerebbe sapere cosa facevi prima di essere l'Art Director di kapusons. Per caso facevi anche tu lo stagista?
Eheheh, non esattamente, nel senso che lo stagista fa un lavoro ben più serio e impegnativo di quello che ho sempre fatto io: come amava sottolineare il mio compagno di appartamento negli anni universitari, “Scrivevo, giocavo, disegnavo...” Sostanzialmente facevo l'Art Director di me stesso, ma formalmente svolgevo attività di studio e ricerca nell'ambito universitario: il Dottorato in "comunicazione e relazioni pubbliche" mi ha permesso di fare esperienza di ricerca e anche di acquisire nozioni e conoscenze che hanno dato tutta un’altra profondità al mio lavoro. È stato un po’ come leggere “Cuore di Tenebra” di Conrad, prima di diventare esploratore.
Come è venuto in mente a uno come te di fondare un'agenzia di comunicazione e sviluppo?
Nel 2003, quando con Ugo, Giuseppe e Daniele abbiamo deciso di fondare la kapusons, l'intento da parte mia era quello di dedicarmi alla comunicazione visuale nell'ambito ICT's. Ognuno di noi, nel proprio ambito di competenza, voleva unire la programmazione con l’attenzione all’estetica e alla fruizione da parte dell’utente.
È stato facile riuscire a far coincidere le tue passioni con la tua attività lavorativa? (Mi auguro di sì, al momento per me è tosta…)
Le mie passioni (disegno, pittura, scrittura creativa) sono la base e lo strumento imprescindibile della mia attività lavorativa, ma c'è da dire che spesso il mercato e la committenza ti portano a deviare verso altro. Quindi può succedere che, per periodi anche lunghi, sei costretto ad occuparti di progetti che non sono nelle tue corde e che poco attengono al tuo stile.
Ma quindi? Cosa fa di preciso un Art Director?
Quello che fa nelle classiche agenzie pubblicitarie e di comunicazione è descritto nei manuali di teorie e tecniche. Quello che fa in un'agenzia “anomala” come kapusons è ideare, progettare e dar vita al lato estetico e creativo dei progetti sui quali lavora un team variegato, fatto soprattutto di tecnici e sviluppatori. Che si tratti del Brand di un cliente, di un set iconico, illustrativo o della grafica di un applicativo, l’Art Director cuce e ricama il vestito che indosserà il prodotto/servizio quando uscirà dalle nostre officine.
Quali sono gli strumenti che utilizza maggiormente?
Al di là dei software più famosi e diffusi di computer grafica, voglio farti un elenco di quelli che sono gli strumenti che “dovrebbe” utilizzare: la matita, la gomma, le forbici, gli evidenziatori e i colori (sotto qualsiasi forma). Ma prima di tutto questo vengono gli strumenti che ti permettono di sviluppare e rendere valida la tua indole creativa e fantasiosa: il cinema e i libri, le pubblicazioni d'arte, design, architettura, fotografia, i fumetti, ecc.. E non ultimo il viaggio, inteso come scoperta della comunicazione visuale in altri posti e presso altre culture.
Sagge parole! Da tempo cerco di spiegare ai miei genitori che vorrei viaggiare di più proprio per avere l'occasione di scoprire nuove forme di comunicazione visuale... e non solo per divertirmi e per dedicarmi alla nullafacenza. Ma non mi sembrano molto convinti, chissà perché...
Vabbe, meglio attenersi alla scaletta.
Quanto conta saper disegnare per essere un buon grafico?
Dovrei dirti tutto, ma non è così. Ho conosciuto colleghi bravissimi che non sanno disegnare neppure una faccina. Inoltre oggi, con la diffusione di archivi on line di materiali grafici preconfezionati, si è molto avvantaggiati, ma io ritengo basilare il disegno. Il disegno è ciò che dona un tratto distintivo al tuo progetto. Fateci caso: possono esistere grafie che si somigliano, ma non ci sarà mai un individuo che disegna o che usa i colori allo stesso modo di un altro. Se fate disegnare una gallina a dieci soggetti diversi, non otterrete mai lo stesso pennuto.
Tornando a kapusons, mi spieghi cosa significa la scritta “developing worlds” che accompagna i materiali d’agenzia?
Innanzitutto non si chiama “scritta” ma “pay off”. Ha un duplice significato: da una parte è un riferimento a ciò che facciamo, l’attività di sviluppo (software) per i nostri clienti (e per quello che - piccolo o grande che sia - è il loro mondo); dall’altra rappresenta un rimando ideale ai “mondi in via di sviluppo”, cioè alla parte buona e costruttiva delle idee e delle conseguenti azioni che rendono migliore ogni progetto e quindi gli habitat umani e non. A questo pay off si accompagna poi una visual identity basata su forme ancestrali, che sembrano e sono a tutti gli effetti scarabocchi su carta, idee che cercano e prendono forma, come nel nostro processo di conoscenza e approccio al cliente e alle sue necessità.
Cosa non ami del tuo lavoro?
La fretta e l'antico detto "attacca il ciuccio dove vuole il padrone".
Qual è, invece, la cosa che ti piace di più?
Il bianco del foglio, il vuoto pneumatico, il caos informe quando sei all’inizio di un lavoro.
Qual è il progetto a cui sei più legato?
Nel nostro portfolio lavori ci sono molti progetti di comunicazione istituzionale e (non) su cui molti Art Director avrebbero voluto cimentarsi. Abbiamo lavorato per campioni dello sport come Francesco Totti e Ivan Zaytsev e per Enti e Istituzioni importanti, come la Presidenza del Consiglio, i Ministeri, le multiutility più famose in ambito nazionale, ma il lavoro che mi ha dato di più è indubbiamente il progetto SuperAbile Inail. Comunicare la disabilità non è mai cosa facile e scontata e con il gruppo di lavoro che si è costituito stiamo portando avanti da anni un modo originale di rappresentare l’universo Disabilità. Oltre al restyling grafico della rivista SuperAbile, siamo riusciti anche a rendere il magazine accessibile ai disabili visivi grazie ad un lavoro di confronto e studio con le associazioni di assistenza. Inoltre, da anni ormai mi occupo personalmente delle illustrazioni che accompagnano i principali articoli, oltre alla creazione di una vera e propria strip a fumetti (“Fabiola con l’acca”) che affronta le disabilità con sarcasmo e ironia.
Se dovessi pensare al momento più divertente in kapusons, a quale penseresti?
Da noi si ride ogni giorno. Ad esempio, senza andare troppo indietro nel tempo, l’altro giorno eravamo con Ugo e Ferdinando su un treno per recarci ad una riunione di lavoro nella periferia romana. Arrivati alla nostra stazione ci accorgiamo che le porte non sia aprono e allora iniziamo a correre verso le altre uscite. Nando e io ce la facciamo, mentre Ugo resta ad osservarci con le mani schiacciate sul vetro, come uno Schnauzer abbandonato. Si è fatto un’ora di attesa in una stazione sfigata e ci ha raggiunto trafelato in riunione. Ovviamente la sua giornata fortunata non era finita qui: di ritorno alla stazione Termini ha trovato una bella multa sul suo scooter. Era San Valentino e lui l’ha trascorso flirtando con il pupazzo Gnappo!
Grazie Lorenzo, anzi a questo punto credo di poterti chiamare Lore… o forse no. Ad ogni modo, ti prendo un caffè?
No grazie, sono al 14esimo. Frullami due fotocopie, va!
* Nessuna stagista è stata maltrattata per la realizzazione di questa intervista, anche perché in kapusons - per principio e per statuto - non ne prendiamo. Quanto a Irene, la nostra tirocinante tramite Garanzia Giovani, sta bene.